• Tour su due ruote: Milano-Sulmona

Da Milano a Sulmona in bicicletta #7

Tappa finale del nostro meraviglioso tour in bici. L'Abruzzo dalla natura prorompente, tra strade solitarie, boschi, cervi...e lupi. E alla fine l'abbraccio fraterno di Sulmona

Ercole Giammarco

Da Milano a Sulmona in bicicletta #7
ATTRAVERSO LA NATURA POTENTE DELL'ABRUZZO

Gli ultimi 130 chilometri e 1600 metri di dislivello e siamo a Sulmona, davanti alla chiesa dell'Annunziata, con un boccale di birra davanti. Quella di oggi la chiamerei la Tappa Verde. Da Antrodoco a Sulmona passando per l'Aquila, abbiamo pedalato sempre nel verde, lungo strade incise dentro valli e montagne coperte di boschi di faggi e querce impenetrabili.

Ormai sono pochi i campi coltivati mentre saliamo verso L'Aquila: c’è solo la potente natura dell'Abruzzo, che da questo momento non ci abbandona più. Saliamo verso il capoluogo lungo la statale 17 e, dopo trenta chilometri di una bella salita morbida e costante, vediamo in lontananza Monte Camicia, del massiccio del Gran Sasso, la prima montagna vera dall'inizio del viaggio.

Decidiamo di visitare L'Aquila (ciò che resta, dopo il terremoto) e quello che vediamo ci impressiona: una periferia orribile, fatta di case e capannoni prefabbricati che sembrano (e forse sono) stati costruiti a caso; nessuna traccia di un pensiero urbanistico regolatore; un centro storico ancora disabitato, ma cantieri aperti ovunque, a ricostruire, forse ormai troppo tardi, pezzi di una città che per sette anni è stata lasciata morire.

Fuggiamo dalle brutture degli uomini e torniamo a pedalare nelle meraviglie della natura d’Abruzzo. Percorriamo per un tratto il lato sinistro della valle del fiume Aterno, poi passiamo su quello destro: non è la strada più diretta per Sulmona, ma ci permette di pedalare nel cuore del Parco regionale del Monte Sirente.

I nomi di questi luoghi sono belli e hanno un sapore antico come  le montagne che li dominano: Vallecupa, Fontecchio, Secinaro. Due cervi ci attraversano la strada mentre affrontiamo l'ennesima salita. Non ci sono più paesi ormai, solo boschi. È il regno del lupo. La strada provinciale 46 (abbiamo incrociato un’auto in un’ora e mezza di salita) ci porta di nuovo verso la civiltà. Scendiamo a valle, verso Molina. Poi entriamo nelle Gole di San Venanzio, per una strada tagliata nella roccia viva che sbuca, dall'alto, sulla Valle Peligna. La Majella è li in fondo, bianca e lontana, consumata dal tempo.  

Siparietto: io e Aldo, entrambi di Sulmona, sentiamo a questo punto un desiderio incoercibile di marcare il nostro territorio e cominciamo, a dieci chilometri all’arrivo di un viaggio di 900, a discutere su quale sia la strada migliore da Pratola Peligna a Sulmona. Lorenzo ed Enrico, sornioni, se la spassano. 

Alla fine a Sulmona arriviamo. Dopo 850 chilometri a girovagare nel Paese più bello del mondo.

ATTRAVERSO LA NATURA POTENTE DELL'ABRUZZO
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Il nostro è stato un viaggio fatto di città d’arte, paesaggi, natura. Ma è stato anche un viaggio fra le persone, in un’Italia di provincia che custodisce il segreto di un popolo che, nonostante tutto (e in quel tutto ci metto davvero tutto), riesce a fare grandi cose e a insegnare al mondo l’arte del buon vivere. Tutto sommato, un grande popolo.

Grazie a Lele, alta un metro e quaranta e larga un metro e trentacinque, che a Castelnuovo d'Adda ci ha fatto mangiare i pisarei e fasoi più buoni del mondo.

Grazie al macellaio di Monzuno, che ci ha parlato di ventresche e salami come Argan parlava del caravaggio, e alle signore del baracchino di ciliegie a Busseto.

Grazie alla cameriera del ristorante di Fontanellato, bella come il sole, e alla signora, assai meno bella, che a Vignola spacciava anche lei ciliegie dolcissime.

Grazie ai ragazzi del castello di Bazzano, che ci hanno offerto acqua e coca cola mentre, dentro il cortile, allestivano il palco per uno spettacolo musicale.

Grazie agli operai del Circolo del Movimento Cristiano Lavoratori di Malva, che ci hanno raccontato belle storie di ciclismo.

Grazie al meccanico-ciclista di Santa Maria degli Angeli, che ci ha messo a posto una bici senza farsi pagare, ma ha insultato a turno tutti i nostri mezzi ("cancelli, pollai, brande arrugginite").

Grazie a shrek e fiona, selvaggi e naif proprietari dell’agriturismo in mezzo agli ulivi.

E grazie a Maria, dai fianchi potenti, le gote rubizze e il sorriso sempre acceso, che nel suo B&B di campagna ci ha fatto sentire a casa, ci ha fatto mangiare mezzo chilo di straccetti a testa (la carne era delle sue bestie) e ci ha messo tutti di buonumore.

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